Preolimpico Italbasket, delusioni e speranze

Rubando qualche parola a Luigi Datome, l’aver perso con la Croazia fa male non solo per la sconfitta in sé, che nel basket come nello sport professionistico è una casuale impazzita (“Il risultato e casuale, la prestazione no” diceva Zdenek Zeman) purtroppo però è l’ennesima estate che Italbasket fallisce un obiettivo alla sua portata ancora una volta per un tiro di dadi.

Rimane premessa obbligatoria il ricordare che questi 12 giocatori l’altro ieri non erano eroi nazionali e oggi non sono dei bolliti debosciati. Dovremmo prima guardarci intorno (vedi FIP, squadre, Lega, impianti, sponsor, le idee di chi porta avanti la pallacanestro nostrana) prima di puntare il dito e cercare di concepire lo sport con uno spirito alla Via di Mezzo di terzaniana memoria anziché essere euforici dopo ogni singola vittoria e in totale depressione per le sconfitte.

Proviamo a fare un piccolo riassunto su cosa non ha funzionato…

  1. Questo preolimpico era una delle ultime occasioni per questa nazionale, che è molto vicina alla chiusura del proprio ciclo. 8/12 dei giocatori convocati da Messina, e quindi nucleo storico di Italbasket, è racchiuso nelle annate 1985/88 e per il prossimo appuntamento di Eurobasket 2017 quasi tutti avranno scollinato quota 30 anni. Questo non sarà necessariamente uno svantaggio giacché giova ricordare che il bronzo europeo del 2003 fu conquistato da un gruppo di ragazzi con una media di 28 anni.
  2. Bargnani, abbiamo un problema. Non starò troppo ad approfondire la sua situazione, lo hanno fatto sicuramente meglio qui e qui, permane la sensazione che dobbiamo abbassate molto l’asticella delle nostre aspettative su di lui. La speranza è rivederlo in un club, in Europa, per potersi mettere in discussione sul parquet nuovamente a 31 anni. È emblematico quanto abbia poco giocato, proprio perché non in forma e non in grado, come ad esempio i pochissimi minuti concessi nell’ultimo periodo della finale con i croati e gli 0’ del supplementare.
  3. La Nazionale è la punta dell’iceberg, non può essere la sola a trainare un movimento, come è stato scritto benissimo qui, e vedendo i continui fallimenti che accadono ad ogni estate dalla serie A alla B, gli sponsor che latitano, settori giovanili lasciati perire. La pallacanestro italiana ha un encefalogramma piatto e non può riprendersi soltanto chiedendo l’ampliamento dei palazzetti per i playoff di A.

Da dove sarà possibile ripartire.

  1. Abbiamo la possibilità di avere un buon ricambio generazionale, con diversi Nineties in rampa di lancio che hanno assaggiato buoni palcoscenici (gli stessi Melli, Polonara, Cervi, Abass, Pascolo, Tonut, Della Valle, ma anche Flaccadori, Mussini, Totè, Candi, Moretti, Oliva ecc.). La speranza è affidarli ad un coach di spessore, come Messina, che ha appena iniziato la sua idea di gioco in nazionale ed è ingiudicabile dopo un mese di preparazione e 4 partite (sebbene qualche macchia si possa trovare nel suo operato). Se così non sarà l’augurio è provare a programmare un lavoro pluriennale.
  2. Il pubblico ha risposto presente. Vedere 15.000 persone che riempiono, urlano, schiamazzano durante le gesta azzurre sono un entusiasmo e una passione da non disperdere, nel miglior palazzetto che abbiamo in Italia. Se i palasport divenissero punto di aggregazione, con attrazioni, punti merchandising, playground che sono gravitate attorno al PalaAlpitour avremo strutture più piene e con maggiori rientri economici.
  3. L’obiettivo permane cimentarci in Europa in palcoscenici sempre migliori. Pare un controsenso dopo la sciagurata decisione di far ritirare dall’Eurocup Reggio Emilia, Sassari e Avellino ma dobbiamo puntare a questo. Credo questo pensando ai miglioramenti di Melli al Bamberg, di Hackett al Pireo, Datome al Fenherbache, dev’essere questa la massima aspirazione di ogni squadra, poter tornare ad alzare la testa anche in Europa perché è lì che i giocatori saranno più pronti anche per la nazionale.

3+1. Non ho ovviamente la formula magica per fare ciò, ma forse baserebbe una parola che in Italia è sparita in ogni ambito della vita, cioè la programmazione. Essere lungimiranti è un augurio perché è questo il succo di campionati come quello tedesco e spagnolo, come rivelava in un’intervista a Backdoor Podcast Daniele Baiesi, direttore sportivo del Bamberg campione di Germania: «Ho partecipato a una riunione in cui si parlava di cosa fare per il marketing del 2021; in Italia non sappiamo cosa facciamo alle 20 e 21 dello stesso giorno».

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